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Atto illecito e rapporto di causalità: come si misura?

ATTO ILLECITO E RAPPORTO DI CAUSALITÀ: COME SI RICONOSCE?

Il rapporto di causalità tra condotta ed evento quale fondamento di ogni richiesta risarcitoria

 

Cos’è il rapporto di causalità?

 

Il rapporto di causalità è uno degli elementi essenziali per porre a carico di un soggetto l’obbligo di risarcimento del danno per atto illecito. È il rapporto tra l’evento dannoso ed il comportamento del soggetto (autore del fatto) astrattamente considerato. In sostanza, per addossare ad un soggetto l’obbligo risarcitorio, è necessario verificare che la sua condotta sia la causa di quell’evento.

Il nesso di causalità che lega la condotta all’evento, può assumere tre accezioni: la causa che ha scaturito l’evento, la condizione, senza la quale l’evento non si sarebbe verificato, e l’occasione come la situazione che favorisce la serie causale.

 

Il rapporto di causalità nel diritto penale

 

La relazione causale in ambito di responsabilità penale è trattata negli   artt. 40 e 41 c.p, i quali seguono i principi costituzionalmente garantiti della: determinatezza, personalità e materialità. In particolar modo l’art. 40 c.p, contenente una doppia negativa, statuisce quanto segue: “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione”,

Quello che possiamo estrapolare dall’appena citata norma è che la punibilità opera quando l’evento risulta connesso al fatto tramite un nesso di causalità.

 

La teoria condizionalistica e il giudizio controfattuale

 

L’imputazione oggettiva impiega la teoria condizionalistica per collegare la condotta all’evento. Si è dunque stabilito che l’evento è conseguenza della condotta, ed è proprio dall’evento che dipende l’esistenza del reato.

Per dare vita a questa teoria, si sostiene che l’interprete debba fare ricorso ad un procedimento particolare, chiamato giudizio controfattuale. Se eliminando mentalmente la condotta rimane l’evento, allora dovrà optarsi per la non ricorrenza del nesso di causalità. Al contrario, dovrà ritenersi pienamente sussistente il rapporto di natura causale qualora l’evento permanga nonostante l’eliminazione mentale del fatto. In quest’ultimo caso potrà affermarsi con certezza che l’evento è causalmente legato alla condotta.

Tale impostazione non è rimasta esente da critiche e in molti ritengono che la stessa presenti un grave difetto; finisce con il considerare equivalenti tutte le condizioni, ivi comprese quelle più remote, con il rischio di adottare soluzioni paradossali.

Proprio per questa ragione si sono fatte strada differenti filoni interpretativi come la teoria della causalità adeguata e la tesi della causalità umana. 

 

Il rapporto di causalità in ambito civile

 

Si noti che sul piano civilistico è assente una definizione specifica per delineare il concetto giuridico del nesso causale nell’ambito della responsabilità civile.

Il legislatore non ha dedicato al cosiddetto nesso eziologico una apposita definizione, dunque si è costretti a prenderla, per così dire, a prestito dal diritto penale.

Il riferimento civilistico è in realtà molto concreto, ed attinge a principi di tipo logico conformi alle cosiddette massime di esperienza secondo il criterio del “più probabile che non”.

In realtà la causalità civile risponde ad esigenze diverse da quella penale, nella prima prevale la finalità riparatoria del danno, mentre nella seconda quella sanzionatoria e quindi, a differenza di quella penale, si basa su regole di responsabilità dai criteri più elastici che attingono anche all’interazione dell’illecito con altre discipline, pensiamo alla ricostruzione cinematica nell’ambito dell’infortunistica stradale.

 

Il rapporto di causalità nel codice civile

 

In ambito civile, il referente normativo inerente alla causalità, è sicuramente rappresentato dall’art. 2043 c.c. secondo il quale “l’autore del fatto, doloso o colposo, causativo di un danno ingiusto, è tenuto a risarcire il danno”. 

Nell’articolo appena citato vengono definiti i requisiti fondanti la responsabilità extra-contrattuale o aquiliana, che devono necessariamente ricorrere affinché la stessa si integri.

Dunque, l’importanza di tale norma è dovuta all’elenco dei criteri di attribuzione del fatto illecito:

  1. La colpevolezza: è l’elemento soggettivo ovvero l’atteggiamento psicologico del danneggiante che può essere doloso o colposo. Per dolo si intende l’intenzionalità della condotta nella consapevolezza che la stessa possa determinare l’evento dannoso. La colpa si riferisce invece ad un evento che si verifica a causa della negligenza, imprudenza o imperizia dell’autore del reato.
  2. Il fatto materiale: ovvero l’evento che, secondo il principio della condizio sine qua non, non si sarebbe verificato in assenza di un comportamento commissivo od omissivo ad esso causalmente connesso. La causalità materiale, seguendo il principio condizionalistico, valuta l’evento come il risultato dell’insieme degli antecedenti senza i quali non si sarebbe verificato, considerando equivalenti tutte le condizioni. Come abbiamo già descritto nel terzo paragrafo di questo articolo, un’azione viene considerata causa di un evento se non può essere mentalmente eliminata senza che, allo stesso tempo, venga meno anche l’evento.

3) l’ingiustizia del danno: il danno deve essere considerato lesivo di una situazione soggettiva meritevole di tutela protetta dall’ordinamento giuridico secondo il noto principio del neminem laedere”. L'espressione enuncia il principio in base al quale tutti sono tenuti al dovere di non ledere l'altrui sfera giuridica. Tale regola è posta a fondamento della responsabilità extracontrattuale: chiunque violi il divieto è tenuto a risarcire il danno.

Per approfondire il tema del danno si consiglia di leggere anche il nostro articolo sul risarcimento di incidenti stradali con danni fisici e sulla richiesta danni per lesioni personali.

Tutto ciò che riguarda il rapporto di causalità ampiamente affrontato in questo articolo, si riconduce ad una materia in costante divenire, in quanto sono state via via incluse nel novero delle posizioni garantite, come l’art 2043 c.c., anche una serie di fattispecie che prima la dottrina non si sarebbe mai sognata di ricomprendere. Per confermare questa tesi pensiamo ad esempio al riconoscimento del cosiddetto danno allo sconvolgimento della vita familiare in capo al parente del macroleso nell’ambito dell’infortunistica stradale.

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